Patronato ACLI: da 80 anni nella Storia d'Italia per i diritti di tutti

Paolo Ricotti, Presidente Patronato ACLI
“Le ACLI, considerata la necessità di apprestare ai lavoratori, con spirito di massima solidarietà, l’assistenza tecnica e specializzata necessaria per il conseguimento di diritti consacrati dalla legislazione previdenziale, dagli ordinamenti sociali ed amministrativi per agevolare gli adempimenti di atti e formalità richiesti nei molteplici rapporti dei lavoratori con le istituzioni e le amministrazioni pubbliche decidono di costituire il Patronato ACLI, quale organo delle ACLI, per i servizi sociali dei lavoratori”.
Basterebbe questa frase per capire la portata della scommessa fatta quel 3 aprile 1945 dalla Presidenza Nazionale delle neonate ACLI: generare un servizio non delle ACLI, ma ai lavoratori e alle lavoratrici del Paese. Non un servizio delle ACLI, ma un modo delle ACLI di essere al servizio.
Nato nel 1945, soltanto un anno dopo la fondazione dell’associazione, il Patronato ACLI è nato sulle macerie di un Paese appena fuoriuscito dalla guerra dopo un ventennio di dittatura. La rinascita dell’Italia, divenuta Repubblica e che ha posto il lavoro come perno della propria democrazia, è parte integrante non solo della storia del Patronato, ma anche della sua funzione e della sua traiettoria presente e futura.
Il Patronato, del resto, trova uno spazio specifico all’interno della Costituzione che ha chiuso con il nostro drammatico passato e garantisce oggi la convivenza democratica nel nostro Paese.
All’articolo 38, padri e madri costituenti hanno elencato una serie di “diritti economici” – che sconfinano nell’ambito sociale – che devono essere assicurati da “organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato”: assistenza sociale ai lavoratori privi di mezzi o impossibilitati al lavoro, garanzie in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia o disoccupazione involontaria e tutela dei diritti delle persone con disabilità nell’ambito della formazione e dell’avviamento professionale.
Tutti compiti che da oltre ottant’anni il Patronato ACLI porta avanti quotidianamente, rendendosi pienamente compartecipe dell’inveramento del dettato costituzionale, perché noi siamo quelli dei secondi commi della Costituzione, quelli che con il loro operato, saldamente ancorato a queste
fondamenta, consolidano e rafforzano continuamente la missione di proteggere i diritti di tutti, rimuovendo gli osta coli, generando fiducia e promuovendo la coesione sociale.
Si può affermare che il Patronato ACLI contribuisce a realizzare quanto descritto in diversi articoli della prima parte della Costituzione, quali gli articoli 2, 4 e 3, che vale la pena riportare:
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Il Patronato svolge dunque un’attività di tutela, di consulenza, di conversione dei diritti in pane, occupandosi dei problemi concreti dei lavoratori, delle loro famiglie e di chi ha la necessità di rapportarsi con gli enti erogatori in un Paese in cui si tende a marginalizzare grosse fette della popolazione, agevolando una digitalizzazione e una disintermediazione esasperate.
Disintermediare, nel lessico politico degli ultimi anni, è sinonimo di snellimento e velocità, ma anche di supposta neutralità. Il cittadino però, solo di fronte allo Stato, alla sua burocrazia e al suo apparato, rischia di rimanere schiacciato da un rapporto asimmetrico nonché dall’assenza di informazioni sui propri diritti o anche semplicemente sulle differenti opzioni in campo.
La nostra intermediazione garantisce equità, il nostro operare quotidiano non lascia sole le persone. Convertire diritti in pane, spesso, significa far emergere i diritti stessi. Non perché
questi non esistano o vengano creati ad hoc, bensì perché sono nella piena facoltà delle persone, che però spesso non sanno neppure di goderne. Anche nell’ambito di questi diritti inespressi o sconosciuti, il Patronato interviene, perché offre competenze e un servizio di prossimità a contatto con le persone. In questo senso, ultimamente stiamo dedicando grande attenzione alle malattie professionali, soprattutto quelle lungo latenti, e alla sicurezza sul lavoro: si tratta di un ambito dove spesso le persone scoprono con noi di avere tutele inimmaginate.
Per il Patronato ACLI, fare tutela è costruire coesione sociale e democratica: quando i nostri operatori e volontari si prendono carico di un’esigenza, i cittadini hanno la possibilità di toccare con mano il funzionamento dello Stato. Se l’istanza viene accolta, viene fugato ogni dubbio su un possibile sopruso nei confronti del singolo, favorendo così trasparenza ed eguaglianza; se viene respinta, si mette altrettanto in evidenza la mancanza di requisiti o l’impossibilità di procedere
secondo canoni uguali per tutti, indipendentemente dalla provenienza dell’istanza stessa. Con la sua attività, insomma, il Patronato è un operatore instancabile di democrazia, particolarmente importante nel momento in cui, come avviene ormai da tempo nel nostro Paese, vi è un’incrementata selettività dei meccanismi di welfare e una certa farraginosità di alcuni passaggi amministrativi.
Ma arrivati a superare i primi 80 anni di età, è buona abitudine provare anche a fare un po’ di bilanci.
Occupandosi di lavoro, famiglia, pensioni e sostegno alle persone, il Patronato ACLI custodisce anche un valore economico non indifferente. Basti pensare che, come riportato nel Bilancio Sociale del 2023, la rete di uffici e sportelli del Patronato Acli ha prodotto attività di servizio e patrocinio per 1.653.848 pratiche a favore della propria utenza. Sul piano meramente economico, il Patronato ACLI ha fatto sì che fossero distribuiti ai suoi utenti quasi 2,4 miliardi di euro per il solo 2023. Questo è il valore economico dei trasferimenti generati, dunque, nessun “favore” o particolare incentivo, bensì l’inveramento dei diritti costituzionalmente previsti per tutti i cittadini e le cittadine. Di cui altrimenti, verosimilmente, non avrebbero potuto godere, provocando strappi nel
tessuto democratico della nostra convivenza sociale.
Se consideriamo invece la stratificazione negli anni degli effetti del lavoro svolto dal Patronato ACLI verso i propri assistiti, stimiamo che essi ricevano oltre 20 miliardi di euro dagli enti erogatori.
Si tratta, di fatto, di una sorta di “finanziaria dei diritti”: risorse che, grazie all’attività costante degli sportelli e dei nostri operatori e operatrici in 92 province e dei 560 uffici zonali, ed in 21 Paesi fuori dall’Italia, vengono legittimamente indirizzate verso quelle persone e quelle famiglie che hanno il diritto di vedersi riconosciute queste prestazioni e che, altrimenti, non riceverebbero. Un lavoro di ricucitura tra Stato e comunità.
Ma oltre al nostro lavoro concreto, nati e orgogliosamente ancorati nelle nostre ACLI, come Patronato ACLI non rinunciamo a dire la nostra sui temi che conosciamo e riguardano la nostra azione, sempre a tutela dei cittadini e delle
cittadine, sempre in coerenza con la nostra vision aclista.
Già nel 2023, avevamo inteso assumerci pienamente questa responsabilità, lanciando una proposta per “tracciare il futuro”, per quanto riguarda il sistema pensionistico.
Oggi, nel nostro Paese, la previdenza assomiglia molto più a un percorso a ostacoli che ad un diritto di ciascun lavoratore.
Le (mezze) riforme degli ultimi anni, che hanno creato più incertezze che garanzie, non possono risolvere il grande problema previdenziale del nostro Paese: il sistema pensionistico è a un passo dal baratro e non possiamo permetterci di fare ulteriori sbagli. Ci sono tre parole chiave da cui partire: flessibilità, dando alle persone la possibilità di scegliere quando lasciare il mondo del lavoro, sapendo quale sarà la riduzione della propria rendita pensionistica; equità, contro le pensioni contributive che non consentono di garantire un’esistenza dignitosa, non esistendo un importo minimo garantito che consenta quantomeno di sopravvivere; e stabilità, perché lavoratori e lavoratrici non possono sottostare ad un sistema previdenziale che cambia continuamente e che non dia un orizzonte certo a chi entra nel mondo del lavoro, senza sapere quando potrà uscirne.
Parlare di pensioni significa parlare di giovani. Quando come Patronato ACLI abbiamo lanciato la nostra proposta sulla riforma del sistema previdenziale lo abbiamo fatto insieme al Consiglio nazionale dei Giovani: la previdenza di oggi è ancorata a carriere lavorative stabili, con requisiti rigidi e onerosi, che non guardano in faccia alla realtà di oggi, fatta di carriere lavorative discontinue e precarie. I giovani di oggi rischiano di non veder realizzato un diritto di cui hanno goduto i loro nonni e di cui, almeno in una certa misura, godranno i loro genitori: un paradosso generazionale che, come Patronato ACLI, abbiamo deciso di affrontare in prima linea.
Sempre nella logica di un Patronato ACLI, ottantenne che pensa al futuro mettendosi a fianco dei più giovani, abbiamo lanciato la proposta di introdurre elementi di economia, diritto del lavoro e diritto previdenziale in ogni percorso di studio, fornendo agli studenti gli strumenti di base e approfonditi per orientarsi e compiere scelte consapevoli. E proprio con questa attenzione alle
giovani generazioni, il Patronato ACLI in questi anni ha promosso, finanziato ed organizzato il Premio di laurea in memoria di Salvatore Satta, nostro storico formatore, con l’obiettivo di promuovere lo studio e la ricerca delle nuove generazioni sui temi della previdenza e assistenza sociale. L’anno scorso, poi, abbiamo dato avvio, assieme all’Università di Perugia, ad un vero e proprio progetto di ricerca sui temi della previdenza e del rapporto fra le generazioni, che abbiamo voluto chiamare “Tracciare il futuro”, dedicato alle nostre direttrici Milena Meriggi e
Cecilia Pamio.
Questo è lo stato del Patronato ACLI dopo i primi 80 anni di vita, orgoglio per il proprio passato, sguardo orientato al futuro, riconoscenza per il regalo più bello che abbiamo ricevuto e riceviamo ogni giorno in ogni nostra sede: la fiducia delle persone che si rivolgono a noi.
di Paolo Ricotti, Presidente del Patronato ACLI
Pubblicato sul numero di giugno 2025 de IL DIALOGO